Città, Metropoli, Periferie, il vivere dell’essere umano costituito in tribù folla massa, sono -da che la fotografia è nata- terreno di sperimentazione e produzione di immagini capaci di informare sull’evoluzione dei costumi, mode, fatti e paesaggi della storia, a volte oltre le intenzionalità degli autori stessi. Alcuni di questi documenti possiedono ancora oggi un linguaggio che rivela la consapevolezza di una “cultura del progetto” e si conservano nel tempo a ricordare non soltanto l’evoluzione e le trasformazioni dei luoghi, ma anche il particolare intento creativo da cui gli stessi autori, fotografi, sono partiti. Si pensi ad esempio al linguaggio fortemente divulgativo degli Alinari in Italia, sviluppato nella seconda metà dell’Ottocento, o a quello, più poetico e suggestivo, di Atget a cavallo del Novecento, capace di guardare Parigi come soltanto un poeta avrebbe potuto fare nel medesimo periodo. Due approcci alla documentazione che hanno segnato la fotografia dello spazio urbano, riconoscibili ancora oggi e capaci di restituire preziose indagini visive.
Nel divenire della storia della fotografia , dei suoi linguaggi, altri autori si sono cimentati con la realtà degli spazi urbani fino ai nostri giorni. Si pensi alle immagini penetranti di Weegee realizzate negli anni ’30 e ’40 a New York -città tra le più fotografate in termini di sperimentazione visiva- o quelle di Paolo Monti realizzate in molti centri storici italiani a partire dagli anni ’60. Radicati nel sociale, sono autori quali Winogrand sul finire degli anni ’50 e Klein negli anni ’60, che hanno percorso una New York caotica e contraddittoria al fine di rivelare quella istintiva capacità di sopravvivere nell’ indifferenza e nella solitudine razziale delle megalopoli. Nel panorama italiano si può invece citare uno dei migliori lavori dedicati alla città di Milano quale è quello di Carrieri, pubblicato nel 1956, penetrante e assoluto al pari dei maestri americani citati. Negli ultimi decenni si possono segnalare altre sperimentazioni stilistiche quali il linguaggio crudo e disincantato di Bruce Davidson, sempre su New York, e quello di Gabriele Basilico sviluppato dapprima in termini di contesto industriale con il volume Milano, Ritratti di Fabbrica del 1982 e poi esteso alla lettura di alcune grandi città nel mondo quali Beirut, Berlino, Genova e altre ancora. Un autore, quest’ultimo, che ha saputo costruire un linguaggio riconoscibile in termini di visione e a cui molti critici e fotografi italiani devono certo molto.
Altri autori oggi lavorano oggi sulla tematica della metropoli con diversità di linguaggi per restituire una visione progettuale contemporanea, sociale o urbanistica, narrativa o seriale, visionaria o descrittiva. Tra questi si possono citare Barbieri, Castella, De Pietri, Di Corcia, Gentili, Guerrieri, Streuli, Struth, Zanta, e altri. A questi lavori possiamo aggiungere oggi il progetto condotto sulla città di Milano dallo studio fotografico “F38F”, composto da Paolo Mazzo, Francesco Di Loreto e Mimo Visconti. I tre non sono naturalmente da considerarsi giovani alle prime armi in quanto sono già stati segnalati al Premio Europeo Kodak nel 1993 e hanno lavorato su alcuni progetti, come “Sahrawi”, una profonda indagine sui campi profughi del popolo Sahrawi in Algeria, esposto a Villa Ghirlanda - ora Museo della Fotografia. Lo studio “F38F” vanta inoltre una attività culturale e professionale diversificata occupandosi appunto di Fotografia (Paolo Mazzo), Cinema e Video (Francesco Di Loreto) e Multimedialità (Mimo Visconti). Tra altri progetti da segnalare una ricerca antropologica sulla civiltà dei Maya di Capàu in Honduras, esposta a Palazzo Reale nel 1998 con catalogo Skira e alcuni video tra cui quello dedicato a Robert Wyatt con interviste a Brian Eno, Elvis Costello ed infine, la partecipazione ad un progetto di comunicazione per Nokia e Wind ed altre aziende.
Il progetto qui presentato, nato da una commistione di linguaggi legati a esperienze teoriche e progettuali emerse negli ultimi anni nella fotografia contemporanea italiana (Rivedute Veneziane, Moreno Gentili, ed. Idea Books, 1993. I Monti Pallidi, Walter Niedermayr, ed Raetia, Bolzano, 1993. Forma, Visioni e Visione con autori vari tra cui Ballo, Guidi, Guerrieri, Niedermayr, Gentili, Maggia a cura di M. Gentili. Habitat, viaggio sociale, Moreno Gentili, ed. Art&, 1995), mette in luce uno dei punti di forza di una città, o metropoli, quale è Milano oggi. La sperimentazione condotta da “F38F” in questo lavoro, ha certo una profonda caratterizzazione in termini di velocizzazione della comunicazione di immagini urbane e architettoniche. Il montaggio delle fotografie, frutto di una cultura cinematografica e fotografica di cui Mazzo, Di Loreto e Visconti sono edotti, rivela attraverso sequenze dinamiche una città in via di sviluppo sul piano urbanistico e sociale. Alcune immagini relazionano tra di loro in un vortice continuo di suggestioni narrative, seppure prive di una relazione diretta, secondo i canoni di un linguaggio fotografico meno tradizionale.
La città scorre sotto i nostri sguardi lungo un percorso teorico ormai sicuro, costruito su una sperimentazione linguistica dinamica. E tale strumento linguistico rivela grazie a questo lavoro ampi margini di miglioramento in termine di lettura fotografica della realtà. E’ chiaro che il visibile ancora in auge, cioè il comportamento fotografico di chi opera nel mercato professionale e creativo, risponde a criteri di composizione formale di matrice tradizionale -il “mercato” richiede innanzitutto questo- ma il lavoro proposto da “F38F” su Milano, rivela la necessità di un rinnovamento del linguaggio fotografico tradizionalmente inteso. E un rinnovamento del linguaggio non può avvenire esclusivamente attraverso presupposti stilistici, ma piuttosto deve compiersi in nuove attitudini che mirino allo sviluppo di una “cultura del progetto”. Un’esperienza significativa in questo senso è stata “Artificial” (catalogo Galleria EOS, dicembre 1999. Immagini di Castiglioni, Gentili, Buffo, a cura di M.Gentili). Nel Manifesto di questa corrente di pensiero si trovano concetti e principi che mirano allo sviluppo di una esperienza di progetto a lungo corso. E’ infatti la cultura del progetto con cui è impostata questa ricerca di “F38F” sulla città ad essere vincente. In conclusione principi e significati di “Artificial” hanno trovato un profondo riscontro nel bellissimo lavoro realizzato da "F 38" proprio su Milano e pubblicato da una prestigiosa casa editrice, quale è Hoepli.